Non pago di leggere

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Non pago di leggere: campagna contro il prestito bibliotecario a pagamento.


Lo Stato italiano, per ottemperare alla direttiva europea 2006/115/CE sul diritto di prestito[1], dal 2006 paga quando un cittadino prende in prestito un libro.
Il pagamento, forfettario per coprire i prestiti delle biblioteche pubbliche, per il 2008 è di 3 milioni di euro[2].
Questi 3 milioni di euro sono ripartiti tra gli autori ed editori dei libri, tramite un fondo gestito dalla SIAE.


Ma ha senso pagare gli autori? e gli editori?
La direttiva parla di "diritto al prestito" assumendo che il prestito di un libro danneggi i detentori del copyright, creando un mancato acquisto. In origine lo spirito del diritto al prestito, apparso per la prima volta negli anni '50 nei paesi scandinavi, era quello di sostenere gli autori per la promozione culturale e la difesa delle lingue minori.


Ma il prestito del libro danneggia realmente autori ed editori?
Naturalmente le biblioteche, con la loro attività di promozione dei libri e di educazione alla lettura, ampliano il mercato dei libri, lo vitalizzano anziché danneggiarlo.
È per questo che l'attuale "diritto al prestito", che costa allo Stato 3 milioni di euro l'anno, è un grave danno alla produzione libraria, e quindi alla produzione culturale italiana. Le biblioteche, istituzioni per la promozione del libro, sono già in una condizione precaria a causa della scarsità dei finanziamenti: simili cifre potrebbero sollevare le biblioteche pubbliche ed esser piuttosto destinate alla promozione dei libri, proprio per potenziare il mercato librario, a tutto vantaggio di autori, editori e cittadini.
Il diritto al prestito pende inoltre come una spada di Damocle sulle biblioteche: qualora lo Stato italiano decida, potrebbe demandare parte del pagamento agli enti locali, che potrebbero trovare quei soldi decurtando i finanziamenti alle biblioteche. Oppure potrebbero demandare direttamente alle singole biblioteche il pagamento della remunerazione; come in Olanda:
le biblioteche olandesi assolvono direttamente alla tassa, scaricandola sui lettori, ad esempio con tessere d'iscrizione (29 euro/60 libri all'anno oppure 65 euro/400 libri all'anno)[3].


È giusto il "diritto al prestito"?
Troviamo discutibile il diritto al prestito, così come lo interpreta oggi l'Unione europea, sotto molti punti di vista:
È discutibile che il diritto al prestito si fondi non sul diritto morale d'autore, ma sul diritto, di natura meramente commerciale, dell'autore ed editore alla copia (copyright)
È discutibile che permanga un diritto a concedere o meno il prestito di un'opera, quando questa sia già stata venduta (avendo quindi già assolto al copyright)
Riteniamo falso il fondamento di questa interpretazione, ossia crediamo falso che il prestito pubblico di un libro danneggi l'autore o l'editore, in quanto è ampiamente dimostrato il ritorno, anche economico, del prestito bibliotecario nei confronti del mercato editoriale.
Rivendichiamo infine il ruolo di promozione culturale, non commerciale, della biblioteca, che con il suo servizio di conservazione e catalogazione e con le iniziative di promozione e invito alla lettura, garantiscono un ampio accesso della popolazione al patrimonio culturale, garantendo il prestito o la consultazione anche delle moltissime opere da tempo fuori dai circuiti commerciali e rigenerando la domanda di libri.

In sostanza, non crediamo alla riduzione delle biblioteche a meri centri commerciali per il noleggio dei libri[4].

Note

  • [1] per il testo completo vedere il pdf [1]
  • [2] vedere in proposito la legge 286/2006, allegato 1, articolo 2, comma 132 [2]
  • [3] Siv Wold-Karlsen, Il diritto negato, da Biblioteche oggi - N.3 aprile 2007 (vedi l'articolo)
  • [4] per l'Unione europea la questione del "diritto di prestito pubblico" afferisce alla "Direzione generale per il mercato interno ed i servizi", non alla "Direzione generale per la cultura e l'educazione"


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