Differenze tra le versioni di "Comunicati stampa/Comunicato di risposta alle 10 domande SIAE"

Da Wikimedia Italia.
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== 6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo? ==
 
== 6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo? ==
  
Questa domanda contiene già la risposta, è evidente che la realtà è che gli editori non hanno saputo sfruttare le potenzialità della rete e stanno cercando di tornare ad una situazione "ante internet" in cui avevano il totale controllo. Non è possibile fare pagare a tutti le conseguenze degli errori di pochi.
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La domanda è malposta: ci si sarebbe aspettato qualcosa come «Perché Internet non rappresenta per molti autori ed editori una opportunità di lavoro?» In effetti ci sono esempi di autori ed editori, come BookRepublic e Sugaman, per cui Internet non rappresenta affatto un pericolo.
  
 
== 7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti? ==
 
== 7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti? ==

Versione delle 14:16, 14 lug 2011

Dal sito della SIAE.

1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?

La domanda è malposta. Non stiamo parlando della tutela e della remunerazione del diritto d'autore, che è riconosciuto anche in rete; il provvedimento AGcom riguarda infatti la competenza della decisione di rimozione di contenuti che si sospetta possano avere leso il diritto d'autore e al copyright si un terzo. Come si vede, si tratta di materie diverse. In ogni caso, leggendo questa domanda, sembrerebbe quasi che la SIAE sia più interessata alla remunerazione che alla tutela del diritto d'autore.

2. Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?

L'affermazione contenuta nella domanda non risponde al vero. Chi critica pubblicamente il provvedimento AGCOM ha sempre anche criticato il furto della proprietà intellettuale; per quanto riguarda ad esempio Wikimedia Italia, il motto "liberare la conoscenza" non implica affatto il riuso di quanto prodotto da altri incuranti dei diritti altrui, quanto la presa di coscienza da parte degli autori della completezza dei diritti e delle possibilità di utilizzazione di un'opera, al punto di potere scegliere di condividere parte di questi diritti con gli altri.

Wikimedia Italia ha sempre agito direttamente per diffondere in Italia la conoscenza del copyright e dei relativi diritti e doveri connessi; ritiene però che l'autore deve essere libero di scegliere il modo migliore per diffondere le proprie opere e quindi diffonde anche la conoscenza delle alternative al copyright come il copyleft, che si basano anch'esse sulla tutela della proprietà intellettuale.

Anche in questo caso la formulazione della domanda potrebbe far credere all'ignaro lettore che l'unico modo di distribuire la proprietà intellettuale in rete sia quello illegale.

3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?

Si veda il commento alla prima domanda. Il punto non è il "colpire" (interessante la scelta del verbo, tra l'altro), ma il COME viene fatto. Provate a immaginare cosa succederebbe se i ladri d'auto venissero giudicati dai concessionari.

4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?

Altra domanda malposta. Tralasciando la banale considerazione non è affatto vero che si paghi sempre la connessione alla rete - fortunatamente non è ancora stata imposta una tassa sulle iniziative pubbliche di Open WiFi - la SIAE cerca di far passare il concetto "un qualunque contenuto deve necessariamente essere remunerato", quando il vero punto è "la proprietà intellettuale deve sempre essere protetta"; è il singolo autore che deve scegliere se e come farsi remunerare.

5. Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?

In effetti la SIAE ha ragione. La definizione di tassa è «compenso obbligatorio, corrisposto (allo Stato o in generale a un ente pubblico) come controprestazione di un servizio specifico». I compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc. sono richiesti in cambio di una prestazione effettivamente compiuta. L'equo compenso è richiesto basandosi sulla semplice supposizione che un supporto verrà utilizzato per copiare materiale coperto da copyright. Anche se la SIAE fosse un ente pubblico, quale sarebbe il servizio specifico corrisposto?

Il termine corretto da usare sarebbe "compenso iniquo".

6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?

La domanda è malposta: ci si sarebbe aspettato qualcosa come «Perché Internet non rappresenta per molti autori ed editori una opportunità di lavoro?» In effetti ci sono esempi di autori ed editori, come BookRepublic e Sugaman, per cui Internet non rappresenta affatto un pericolo.

7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?

La contrapposizione probabilmente è "contro". Contro un sistema che paga solo i grandissimi (autori ed editori) a danno dei piccoli (autori ed editori). Un sistema che pensa di poter essere eterno ed indipendente dal suo contesto. Un sistema che antepone gli interessi di pochi ai diritti di moltissimi.

8. Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?

Un prezzo è equo quando è stabilito da una contrattazione tra più parti. Dov'è questa contrattazione? Gli editori hanno di fatto il potere esclusivo di stabilire i prezzi. Concedete la libertà agli utenti di partecipare alla decisione del prezzo equo e probabilmente il problema cesserà.

9. Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?

Probabilmente per il fatto che pare che si vogliano spendere queste risorse tornare al passato. Non possiamo permettere che risorse vengano investite in un sistema che limita le possibilità di tutti e che è stato fortunatamente superato. Non possiamo chiedere a tutti di ritornare alle pergamene solo perché in questo modo avremo il controllo della distribuzione. Non è possibile pensare che non si possano investire queste risorse (umane soprattutto) per migliorare.

10.Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “ figli di un Dio minore”?

Non lo siete, avete il diritto di difendere i vostri diritti. Sappiate anche che potete disporre some meglio credete di essi e che ci sono delle alternative al copyright che al pari di esso vi permetteranno di diffondere la vostra opera e guadagnarci. Però pretendere che un'opera si diffonda e sia conosciuta da tutti ed al contempo limitarne la distribuibilità con il manganello delle rimozioni vuol dire "volere la botte piena e la moglie ubriaca". Alcuni autori si sono già accorti che le licenze Creative Commons sono la soluzione, adottatele anche voi. Lasciate che i vostri autori siano liberi di scegliere.