Utente:Ruislip Gardens/itWikiCon

Da Wikimedia Italia.
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Impressioni

Sono Filippo Esposito, studente italiano attivo nell'ambito dei progetti Wikimedia a partire dal 2016: sì, sono proprio un novellino! Ciò malgrado, l'ardore della mia passione per l'architettura e l'arte è risultato particolarmente congeniale alla natura di questi progetti, nei quali ho avuto (e, anzi, continuo ad avere) l'opportunità di condividere le mie ricerche con l'intera popolazione di Internet.

Sono numerosissime, in effetti, le pagine che ho scritto e che continuo a scrivere su quegli argomenti. Al crescere del mio grado di involvement verso il progetto ho intensificato anche la mia partecipazione a tutti quegli eventi reali popolati dai miei condiscepoli wikipediani: pietre miliari, in tal senso, sono costituite dalla mia presenza ad Esino Lario nel 2016 e a Montréal nel 2017. Terza voce di questa felice filiera di appuntamenti è costituita proprio da Trento, dove mi sono recato il mese scorso (novembre 2017) per prendere parte a itWikiCon: la mia impressione è assolutamente positiva, corroborata dal felice binomio tra talk e incontri interessanti. Non solo, infatti, ho avuto l'opportunità di prendere parte al vigoroso scambio di idee, opinioni, esperienze ed impressioni avuto luogo durante le varie discussioni, bensì ho anche potuto beneficiare della possibilità di rivedere amici con i quali non mi incontravo dai bei tempi di Montréal, nonché di conoscere nuove persone che - sia dal punto di vista wikipediano che da quello più strettamente umano - hanno contribuito ad arricchirmi e ad ampliare i miei orizzonti in maniera significativa. Rispetto a Wikimania 2017, esperienza assolutamente positiva ma raffreddata (oltre che dall'eccessiva aria condizionata dallo Sheraton) da un'atmosfera più rigida, istituzionale, itWikiCon mi ha maggiormente colpito per la sua anima più fervida, calorosa e (positivamente) informale. Tutte peculiarità, vale la pena ricordare, che secondo il mio giudizio non sono andate assolutamente ad inficiare sulla qualità degli interventi e delle discussioni, gravitanti intorno a una vasta pluralità di temi: io ho seguito quelle che più rispondevano ai miei interessi e alle mie competenze (ho riportato, in due sezioni distinte, l'elenco delle talks che ho seguito e gli appunti che ho scritto, nella speranza di agevolare in questo modo la fioritura di idee stimolanti).

In conclusione, i (trenta?)tre giorni trascorsi a Trento sono stati intensi, stimolanti e hanno certamente arricchito la consapevolezza con la quale contribuisco al progetto (principalmente su Wikipedia, come già ricordato in incipit, ma anche Commons e - mi sento in grado di dirlo - Wikisource, spazio che ho avuto modo di scoprire grazie all'interessante conferenza di Edoardo). Mi auguro di poter replicare l'esperienza presto, e ringrazio tutte le persone (ormai non più meri utenti) che, in questo weekend, mi hanno fatto vivere momenti grandiosi!

Talk seguite

Dopo aver esposto la mia re(l)azione mi accingo a elencare le varie talk che ho seguito di persona.

venerdì 17 novembre
  • 15.00–16.00, Wikipedia 4 Refugees
  • 16.30–17.30, OpenStreetMap: JOSM tutorial
sabato 18 novembre
  • 10.30–11.30, Etytree, un database di relazioni etimologiche
  • 11.30–12.30, Dare spazio: condividere e georeferenziare gli archivi fotografici - parte 1
  • 14.00–15.00, Apprendere con Vikidia e Wikiversità
  • 15.00–16.00, Rapporti tra Wikipedia e Wikimedia: cosa si può migliorare?
  • 17.30–18.30, Wikipedia e la storia contemporanea italiana: uno sguardo critico
domenica 19 novembre
  • 10.30–11.30, Una galassia di gruppi locali
  • 11.30–12.30, Wikisource: basi per la contribuzione
  • 14.00–15.00, Wikipedia: il template Bio
  • 15.00–16.00, WikiCon: esperienze estere e feeedback

Appunti

Di seguito, invece, riporto gli appunti che ho scritto nel corso delle conferenze:

itWikicon2017 ha inizio, dopo il buffet, con i cinque relatori che introducono i presenti all’iniziativa, con gli opportuni ringraziamenti – non solo il Comune e la provincia di Trento, che ha provveduto alla fornitura della sede espositiva – ma anche ARCI, circolo culturale che si è proposto come fiscal sponsor, in virtù anche di evidenti affinità ideologiche. Sono stati poi esposti suggerimenti, normative relative alle varie sessioni e alla sede espositiva, palazzo delle Albere. La prima sessione alla quale partecipo è relativa al progetto “Wikipedia 4 Refugees”, iniziato nell’estate 2017, che si è concretato in una serie di corsi di informatica rivolti a un gruppo di immigranti per ampliarne l’offerta educativa così da sopperirne l’eventuale mancanza di scolarizzazione. Sono stati coinvolti circa cinquanta richiedenti asilo. Il progetti si è articolato in varie tappe: la prima riguardava la diagnosi del bisogno (competenze informatiche assenti o lacunose). È seguita la redazione di un curriculum da parte della relatrice e del suo collaboratore sulla base delle basic skills informatiche che un cittadino europeo deve necessariamente avere (web literacy). Altra risorsa di particolare importanza è stata Mozilla. Da non dimenticare, inoltre, che il progetto è stato condotto sull’esigenza di individuare quelle facoltà che i migranti dovevano imparare con più urgenza: ecco, allora, che è stata data la priorità all’utilizzo di editor di testo, potenzialmente utili per la redazione di CV, piuttosto che preferire progetti magari più ambiziosi e affascinanti ma meno concretizzabili. Quali sono le idee che stanno dietro a questi corsi di informatica? Principio di grande importanza, ad esempio, è stato il learning by doing, dove l’insegnamento non è stato condotto passivamente dall’insegnante allo studente bensì secondo criteri che fanno emergere la voglia di imparare (ecco, allora, che per insegnare i concetti di “percorso” e “sicurezza” si fa ricorso a puzzle e a giochi di varia natura). Dopo la ricezione di un grant da parte della fondazione, dunque, il progetto è stato avviato con la creazione di una pagina su Meta dove viene presentata l’idea (è stata ribadita la possibilità di ricevere rapid grants per progetti di piccole dimensioni). Il progetto, condotto con la collaborazione di vari wikipediani e di tutor vicini all’ambiente dei migranti, si è articolato su dieci incontri di due ore uno dove i vari partecipanti hanno avuto l’opportunità di tradurre contenuti italiani nelle proprie lingue native (africane e asiatiche): si sottolinea la difficoltà di interagire con queste edizioni linguistiche di Wikipedia minori, e si menziona l’esempio virtuoso del traduttore automatico, che coinvolge persino i wikilink. Le voci, una volta redatte dai partecipanti del progetto, vengono poi perfezionate dai vari curatori: fra i vari filoni coinvolti in questo progetto vi sono quelli relativi ai diritti dei rifugiati, alla crisi dei migranti e all’educazione civica (es. diritto di asilo, permesso di soggiorno, ius soli …). Interessante la domanda relativa a come tale esperienza sia stata vissuta dai singoli partecipanti (come mero esercizio di informatica, opportunità di rilancio per il patrimonio culturale del proprio paese …): non vi è stata una risposta univoca, ma è stato osservato che le varie lingue tribali coinvolte da questo progetto non si prestano a un’alfabetizzazione precisa – peculiarità, invece, delle lingue dei vari paesi coloniali. È stato sottolineato l’interesse prevalente rivolto verso i diritti, non senza opportunismi dovuti alla possibilità di intervenire su voci più semplici. Quest’esperienza, d’altronde, è stata replicata anche nel corso di Wikimania 2016 Esino Lario ed è risultata lodevole per la sinergia che si è venuta a creare tra i wikipediani e gli insegnanti: le due aree di competenza, equipollenti per l’importanza, si sono dunque sapute coordinare armoniosamente. Tra gli episodi rimembrati dalla prima relatrice vi è quello relativo alla spiegazione dei cinque pilastri, dalla quale sono poi sorte domande più astratte e generali in merito alle fonti, alla loro validità democratica, in totale contrasto con il sapere dogmatico che viene propinato dalle tribù africane (uno dei ragazzi, procedendo per astrazione, ha persino chiesto “cos’è la verità?”). Di questa conferenza ho particolarmente apprezzato lo stampo dialogico, di matrice quasi socratica: questa, infatti, non era concepita come un flusso unidirezionale di informazioni proveniente dai relatori, bensì è stata condotta nel segno di un dialogo stimolante finalizzato alla crescita. La sessione su OpenStreetMap approfondisce le finalità e gli scopi di questo progetto, che non si costituisce come un’alternativa a Google Maps, ente guidato com’è noto da scopi commerciali, bensì come una raccolta collaborativa di dati geografici. È manipolabile con dati interessanti relativi all’altezza degli edifici, alla colorazione del tetto, alla presenza di panchine e fontanelle pubbliche, et similia: nel caso di New York queste informazioni sono presenti anche grazie alla collaborazione della New York Library. Interessante il caso di Kibera, bidonville ai margini dell’abitato di Nairobi scarsamente rappresentata in Google Maps in quanto poco rappresentativa in termini di business, e ben mappata in OSM con tanto di farmacie, luoghi di culto, servizi igienici, negozi … è in questo modo che, per usare una frase del relatore, si rende “visibile l’invisibile”. OSM viene anche utilizzato in caso di epidemie o calamità per arginarne gli effetti devastanti: celebri i casi dei terremoti di Haiti e Amatrice (consentendo, ad esempio, agli utenti-collaboratori di individuare su OSM potenziali siti di atterraggio per gli elicotteri, o specificando se il manufatto edilizio mappato ha subito danni dopo l’evento sismico). È prevista anche la possibilità di lasciare note, utile specialmente per quegli utenti interessati a contribuire ma privi delle competenze tecniche necessarie. Facebook, ha sottolineato il relatore, pure fa ricorso a OSM e vi collabora con lo scatto di foto aeree e, con l’ausilio del deep learning, riconoscono le strade e le convalidano, servendosi anche dell’aiuto degli utenti della piattaforma per quanto riguarda la loro identificazione. Esiste persino un tool che, partendo dai dati di OSM, è in grado di manipolarli in modo tale a renderli compatibili con la stampa 3D (in questo modo i servizi di OSM sono fruibili anche dai non vedenti). OSM è un database collettivo, dunque, al quale tutti partecipano per creare una banca dati comune. Tra gli strumenti con cui è possibile collaborare a OSM, oltre ai canonici computer e cellulari, è previsto anche lo scontrino, il quale risulta molto interessante per il tracking. Per utilizzare OSM è utile definire i nodi, le strade e le relazioni, ovverosia le cosiddette “primitive geometriche”. I nodi sono entità adimensionali caratterizzate esclusivamente da una latitudine e da una longitudine: le strade sono costituite da una continuità di nodi (da 0 a 2000), mentre le relazioni approfondiscono congiunzioni formali più elaborate tra i vari nodi. Notevole la possibilità di aggiungere dettagli su un determinato ente – in relazione alle fontanelle d’acqua potabile, infatti, è possibile specificare l’ente che gestisce l’erogazione delle risorse idriche, se l’acqua è naturale o frizzante, ecc. Particolarmente interessante la domanda inerente la presenza di vandalismi su OSM, i quali – in effetti – prosperano ma vengono efficacemente combattuti grazie all’aiuto di appositi tool. [Etytree] La seconda sessione è relativa all’utilizzo degli archivi fotografici su Wikipedia e sulla loro valorizzazione wikipediana, anche con l’ausilio di georeferenziazione. Caso esemplare di quest’attività è dato dal progetto di Paolo Monti, curato dalla BEIC. Paolo Monti è stato uno dei maggiori fotografi italiani del dopoguerra ed è morto nel 1982, lasciando all’umanità un gigantesco patrimonio fotografico e documentaristico, splendida testimonianza della sua carriera professionale, soprattutto riguardo all’architettura. Testimonianza della caratura professionale del Monti ci è data dall’istituzione dell’archivio Paolo Monti istituito nel 1985, dichiarato di interesse nazionale nel 2004 e interamente acquistato e catalogato dalla BEIC nel 2008. Il patrimonio interessato da quest’opera di catalogazione è gigantesco, tra 223 000 negativi, 12 244 stampe e 790 chimigrammi, nonché documenti scritti e una notevole biblioteca (monografie e periodici). L’archivio di Paolo Monti è tuttora visitabile previo appuntamento: la BEIC, volendo valorizzare tale patrimonio, ha tuttavia avviato una campagna di digitalizzazione che ha coinvolto ben 16920 scatti (uno, insomma, per ogni serie archivistica), rilasciati su Internet con licenza tutelata da Commons e con descrizioni di tipo bibliografico (e non archivistico). Per ciascuna serie archivistica, dunque, si ha un record di descrizione dettagliato e conforme a standard ben precisi: è dunque possibile affinare la ricerca con l’utilizzo di specifici filtri. Di particolare interesse sono gli accessi e filtri semantici (luoghi, date, soggetti, classi) e la catalogazione per macrotemi. La BEIC, dunque, ha deciso di condividere il patrimonio fotografico montiano e lo ha fatto migrare su Wikimedia Commons nel 2016 in collaborazione con Wikimedia Italia: si è trattato di un evento eccezionale, essendo le opere del Monti ancora tutelate dal diritto d’autore (è stata la prima volta, insomma). Le 1480 immagini così rese disponibili, insomma, sono state utilizzate in più di duemila voci, generando un notevole volume di visualizzazioni (4,6 milioni al mese). Tale migrazione, tuttavia, ha comportato anche notevoli difficoltà, a causa della natura non catalografica di Wikimedia Commons (che si serve solo delle categorie). [Prosegui con i ricordi] Dopo la foto di gruppo ho approfondito la mia partecipazione al convegno partecipando alla sessione relativa alle potenzialità offerte da Vikidia e Wikiversità. Interessante la parentesi relativa alla necessità di dare vita a una Wikipedia in lingua ladina (progetto che necessita il costituirsi di una società ma che gode del sostegno di Bolzano e che pertanto parte da basi solide). Opinione della relatrice è che la scuola va rivoluzionata per quanto concerne la didattica, anche grazie al sostegno di progetti come quello qui proposto, i quali rendono gli studenti attivamente partecipi alla diffusione della cultura, che quindi non viene percepita solo passivamente. Tra i progetti dedicati ai “ragazzini”, per usare un termine della relatrice, figurano Vikidia – progetto nato in Francia come enciclopedia digitale adatta ai bambini (fascia di età 8-13 anni) per sopperire alla mancanza di uno spazio digitale dove i ragazzi possono trovare informazioni compatibili con il loro bagaglio culturale e pertanto interpretabili. Le difficoltà attraversate da questo progetto sono molteplici: non solo difficoltà relative alle modalità di interazione tra gli studenti, gli insegnanti e la comunità, ma anche ai criteri redazionali stessi del progetto, non certamente di facile assimilazione. Splendido esempio degli esiti di questo progetto ci è dato dalla voce “Esino Lario” su Vikidia: gli stessi bambini sono rimasti entusiasti dal pensiero di far parte di “qualcosa di più grande”, quale può essere un’enciclopedia collaborativa liberamente consultabile come Vikidia. Per ricorrere a un’espressione impiegata dai relatori stessi in questo modo, con “i bambini che producono” potrebbe essere possibile “trasformare Wikipedia in un’esperienza simile ai boy-scout e del tutto diversa dalla massoneria di origine”: in effetti Vikidia è un’iniziativa ben più esilarante dei temi o presentazioni .ppt canonici. È stato notato che, malgrado la sostanziale incapacità degli studenti di intervenire in ambito wikipediano, interventi simili collaborano alla formazione di una coscienza critica con cui i vari fruitori (siano questi insegnanti o studenti) possono guardare il progetto con maggior rispetto. Dinamiche simili coinvolgono anche Wikiversità. Si ricorda che bisogna comunque rispettare la buona fede degli studenti ed evitare di procedere con misure draconiane (come i blocchi) in caso di errori minimali: anche procedure automatiche – come il registrarsi prima di effettuare una modifica – possono risultare difficili per i bambini-studenti, i quali dal punto di vista didattico sono anche abbastanza diversificati, dagli studenti più autonomi ai ragazzini più svogliati. Si osserva che gli studenti coinvolti in questi progetti non devono necessariamente contribuire a Vikidia a livello redazionale, bensì anche caricando immagini, registrando video su argomenti tipicamente scolastici come le leggi fisiche, et similia.

Conclusioni

Al roboante suono di un 'Santa pazienza!' che spero non violi la Friendly Space Policy, e dopo aver sentitamente ringraziato i gestori del catering, un sentito saluto a tutti!