Comunicati stampa/10 domande alla SIAE
Milano, 15 luglio 2011
L'Associazione Wikimedia Italia è felice di notare come la SIAE abbia ancora una disponibilità finanziaria sufficiente per acquistare pagine di pubblicità sui quotidiani e porre agli italiani dieci domande. Nella nostra associazione purtroppo non siamo così ricchi; abbiamo però preparato anche noi dieci domande in risposta alle loro. Chissà se qualcuno risponderà!
Le 10 domande alla SIAE
- Perché la SIAE continua a non distinguere tra proprietà intellettuale e sua remunerazione, facendo credere che quest'ultima sia obbligatoria e impedendo all'autore di scegliere se e come farsi pagare?
- Perché la SIAE continua a parlare di "furto" della proprietà intellettuale (cioè lo spacciare per propria l'opera creata da altri), quando in realtà spesso si tratta solo di virtuale ed eventuale mancato incasso delle royalties?
- Perché la SIAE ritiene che l'immissione illegale di opere protette da copyright non possa essere perseguita e punita dalla magistratura (unico organo costituzionalmente preposto all'amministrazione della giustizia), come ogni altro illecito, e plaude al provvedimento AGCOM che porta in pratica alla giustizia faidatè?
- Come si pone la SIAE di fronte agli enti che offrono connessioni WiFi gratuite, e che potrebbero così implicitamente contribuire al download illegale di contenuti?
- Perché la SIAE ottiene soldi (il cosiddetto equo compenso) dai supporti di memorizzazione, indipendentemente dall'uso che ne farà l'acquirente? Dove sarebbe il servizio specifico da lei prestato e che dovrebbe essere remunerato ?
- Perché ci sono molte aziende e servizi (iTunes, BookRepublic, Sugaman...) che operano nel settore della cultura e che riescono tranquillamente a sfruttare Internet per il proprio lavoro, mentre la SIAE non sembra riuscirci? E perché – oltretutto – tale incapacità dovrebbe essere fatta pagare agli utenti della rete?
- Perché nessuno si chiede perché la SIAE voglia creare una contrapposizione tra autori e produttori di contenuti e utenti?
- Perché la SIAE non vuole nemmeno sentir parlare delle licenze d'uso Creative Commons, che nelle loro varie versioni danno al produttore di contenuti la libertà di scegliere se e come ottenere quella che lui ritiene un'equa remunerazione per la propria opera tutelando al tempo stesso la proprietà intellettuale?
- Perché l'industria italiana della cultura si arrocca su posizioni di rendita nate secoli fa, e non si rinnova per creare contenuto e valore sfruttando le tecnologie attuali che ampliano enormemente il mercato ma richiedono uno sforzo iniziale per adeguarcisi?
- Perché in Italia c'è un monopolio di fatto (vedi articolo 180 della legge 633/1941) della SIAE, e gli autori sono sostanzialmente costretti a iscriversi a SIAE per tutelarsi?
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